Felice e Fortunato
Martiri del III secolo.
Festa: 14 febbraio (Vicenza), 11 giugno (Chioggia e Noale), 14 agosto (Aquileia).
Patroni o protettori: Chiesa di Noale, Diocesi di Chioggia dal 1110, città di Chioggia (1603).
Presenti:
Chiesa Arcipretale SS. Felice e Fortunato di Noale:
Altare maggiore; pala (inizio ‘600) di Damiano Mazza (allievo di Tiziano) che rappresenta l’Ascensione di Nostro Signore e i SS. Felice e Fortunato.

    Biografia

    Non si sa nulla di preciso circa la nascita dei due fratelli Felice e Fortunato. Le leggende cristiane li vogliono guerrieri, appartenenti ad una famiglia vicentina. I nomi dei martiri compaiono in vari martirologi: Romano del Baronio (11 giugno); di Usuardo (11 giugno); di Adone (11 giugno); di Beda o Romano (14 agosto); di Geronimiano (14 agosto); oltre che in un prefazio in onore dei santi composto dal vescovo di Aquileia Eusebio (449–462). Tre atti più o meno identici nella sostanza che comprovano l’esistenza ed il martirio dei due fratelli vicentini sono: un codice, conservato presso la Biblioteca Marciana di Venezia, che contiene varie leggende di Santi di padre Pietro Calò, vissuto nel 1300 circa; la seconda fonte riguarda i Bollandisti, ed è tratta da Mombrizio Bonnino; la terza è costituita dall’Historia ecclesiastica della città, territorio e diocesi di Vicenza redatta dal padre cappuccino Francesco Barbarano.
Le fonti sono più o meno concordi sulle loro agiografie ma non lo sono altrettanto sul giorno e l’anno del loro martirio; in alcune è riportata la data del 14 maggio, in altre del 14 o 15 agosto, in altre ancora l’11 giugno. Sull’anno del martirio esistono molte divergenze, alcuni lo collocano nel 296, altri nel 300 o 303. E’ certo che trovarono la morte durante la feroce persecuzione dei cristiani ordinata da Diocleziano con Massimiano in seguito ad un editto emanato a Roma nel 286, in forza del quale nessuno poteva comprare o vendere se prima non avesse sacrificato agli dei ed i trasgressori dovevano essere uccisi.
    Il loro martirio avvenne ad Aquileia dove, denunciati da un certo Appamio perché, anziché adorare gli dei, professavano la religione cristiana e lodavano Cristo, furono arrestati e condotti, fra la pubblica derisione, dinanzi al pretore Eufemio. Il pretore chiese loro il nome, la patria e la professione e Felice, maggiore d’età, fattosi col fratello il segno della croce, rispose, anche in nome di Fortunato:

     Siamo di una città non molto lontana, ma a te non interessa questo, ti basti sapere che noi siamo cristiani che si rifiutano di adorare i vostri idoli immondi e che ci siamo allontanati dalla nostra città, preferendo i boschi e le grotte piuttosto che vivere accanto a voi che adorate e sacrificate agli dei pagani.

     Fatti stendere nudi a terra, il pretore li fece fustigare atrocemente dai soldati. Irritato dal fatto che nelle sofferenze gridavano che maggiori fossero state le pene, maggiore sarebbe stata la loro forza nel sopportarle, ordinò di stirare le loro membra tanto da slogare le ossa e di bruciarli con delle torce. Vista la resistenza dei due fratelli, Eufemio li fece portare al tempio a sacrificare a Giove. Di fronte al loro rifiuto il pretore ordinò che fosse versato loro addosso dell’olio bollente e fece fustigare le loro bocche con piombarole e funicelle piombate sino a smuovere tutti i denti e rompere le mascelle e poi fece tagliare le loro mammelle. Non ottenendo alcun risultato, Eufemio li fece condurre presso il fiume Natisone nel luogo destinato al supplizio dei malfattori e qui furono loro recise le teste e i loro corpi lasciati in pasto agli animali. Nella notte alcuni cristiani di Aquileia diedero ai corpi dei santi degna sepoltura.
    Il culto dei SS. Felice e Fortunato è attestato ad Aquileia già nel IV secolo, lo comprova l’incipit del sermone di S. Cromazio (388-408), vescovo di Aquileia, (tenuto nella festa dei martiri) e nello stesso periodo il culto di Felice e Fortunato iniziò anche a Vicenza.
    Il corpo di S. Felice si trova dal IV secolo a Vicenza. Il corpo di S. Fortunato, trasferito in primo momento da Aquileia a Grado, fra il 452 e il 568 fu trasferito a Malamocco. Il corpo fu portato a Chioggia il 14 maggio 1110 in seguito al trasferimento della Diocesi da Malamocco alla cittadina.