Novalis Antiqua  Inizio storia  

      I Tempesta avogari
      M. P. Barzan

     L’importanza e il valore storico, politico e istituzionale che assunse la signoria dei Tempesta nel corso del XII, del XIII e in parte del XIV secolo nei riguardi del territorio noalese sono notevoli e purtroppo non ancora studiati nella loro interezza.

   

Nicolò Tempesta. Immagine dal Palio di Noale.

     I Tempesta in qualità di avvocati del vescovo erano tenuti alla difesa ed alla conservazione dei beni temporali d'appartenenza della curia episcopale, nonché alla riscossione degli affitti dei poderi, dei bandi, delle decime e di altre contribuzioni di spettanza della sede vescovile. L’avogaro dunque amministrava tutti gli interessi materiali del vescovo, difendendone al contempo i relativi diritti: è chiaro che tale ufficio dotava di gran prestigio la famiglia che lo deteneva. Guido Tempesta, che già per patrimonio familiare era in possesso di molti feudi con alcuni castelli, i più importanti dei quali erano Noale e Brusaporco, in breve tempo si trovò ad amministrare un vasto territorio. Come luogo della sua dimora scelse Noale, e in virtù della sua posizione strategica la rese un centro fortificato, costruendovi una salda rocca che dominava il territorio. Guido I trasmise l’ufficio dell’avogaria al figlio Guglielmino, personalità di gran prestigio dal punto di vista politico. Quest’ultimo, probabilmente in seguito a ragioni d'opportunità politica, si era procurato, accanto all’originaria cittadinanza di Treviso, quella sussidiaria di Padova, quasi a volersi garantire una certa tranquillità tra due zone in costante rivalità politica. Nel 1179 era stato addirittura eletto podestà della stessa Padova. Nel 1181, durante un breve periodo di tregua imposto dalla Lega lombarda nel conflitto tra il Comune trevigiano e Padova, Guglielmino ottenne il riconoscimento della propria giurisdizione su Noale, lasciando intatti i poteri signorili sul castello e sul distretto. Guglielmino rimase cittadino padovano, mentre l’ufficio dell’avogaria passò ai suoi figli Guido II e Guercio.
     Guercio I giurò fedeltà al vescovo di Treviso il 6 maggio del 1201. Fu l’unico tra tutti i Tempesta avvocati ad essere insignito della signoria d'Orgnano, castello nei dintorni di Mestre. Guercio non fu un fedele sostenitore del vescovo di Treviso, come lo era stato il padre Guglielmino, anzi in più occasioni non aveva esitato nel prevaricare la sua autorità. Anche se la sua rapacità nei confronti dell’episcopato avrebbe potuto lasciar supporre un asse ereditario costituito da un’ingente quantità di averi, in realtà egli trasmise ai suoi eredi un patrimonio sovraccarico di passività. Guido II, fratello minore di Guercio, non ebbe una personalità così prorompente come quella del fratello, tuttavia la sua presenza nell’ambiente comunale non si può considerare del tutto trascurabile. Alla sua morte, avvenuta con ogni probabilità verso il 1230, tutta la sostanza familiare, o meglio ciò che era rimasto del patrimonio di Guercio, si accentrò nelle mani del nipote Guido III, figlio dunque di Guercio (si sa che l’importo sborsato dal vescovo per rientrare in possesso di una parte dell’eredità di Guercio raggiunse le 14.000 lire; in tale occasione era stato posto deliberatamente in vendita anche l’ufficio dell’avogaria).
     Durante i rivolgimenti politici susseguitisi nel territorio veneto in tale periodo, negli anni cioè della dominazione di Ezzelino III da Romano e del fratello Alberico, i Tempesta sembrano scomparsi dal mondo politico e tale assenza si può forse imputare proprio al caotico stato di cose. Il crollo della potenza ezzeliniana e albericiana e il ritorno al libero reggimento comunale si ebbe solo nel 1260, e tale improvvisa fine della tirannide segnò l’immediato risveglio delle rivendicazioni di dominio nel territorio della diocesi e del comitato da parte del Comune e dei domini. A pieno titolo i Tempesta rientrarono a far parte attiva della vita politica con Artico I, figlio di Guido III, il quale nel 1281 aveva ricevuto dal vescovo Alberto l’investitura de advocatia Tarvisini episcopatus, e cioè della parte inferiore della Postumia, compresa la curia di Trebaseleghe, territorio - con ogni probabilità - che a quella data, nell’ampia giurisdizione diocesana, a sud della Postumia, faceva ancora parte dei beni dell’episcopio. Lo si ritrova schierato nel 1283 in una delle due fazioni, la pars alba, che assieme alla pars rubea aveva sconvolto nel proprio interno la classe dirigente trevigiana, e giusto nel momento che aveva visto primeggiare in città la signoria dei Caminesi. Nel 1314, due anni dopo la morte di Rizzardo da Camino, e dunque in una nuova fase comunale per la città di Treviso, Artico I viene eletto console. Dietro l’uccisione di Rizzardo ci fu senz’altro la spinta dei conti di Collalto, del vescovo di Treviso e delle più importanti famiglie aristocratiche che in precedenza avevano appoggiato i Caminesi e tra queste i Tempesta, in particolare Artico e Guecello entrambi figli di Guido.
     L’influenza politica esercitata dai Tempesta all’interno del ceto dirigente trevigiano agli inizi del ‘300 si può considerare ormai completamente ristabilita: a testimonianza di ciò si possono leggere le deliberazioni relative all’uso delle armi, inserite negli Statuti del 1313. Secondo tali disposizioni, solo gli esponenti di tre grandi famiglie, ovvero i Collalto, i da Camino e i Tempesta potevano portare armi ovunque come segno di distinzione. Questa fase non va certo contrapposta in modo netto al periodo caminese, visto che comunque con quest’ultimo vi è una certa continuità; anzi, lascia chiaramente trasparire un'evidente scelta di coinvolgimento del ceto dirigente trevigiano. Non sono pochi gli indizi che permettono di rilevare un’accresciuta intraprendenza dei Tempesta proprio in questo momento d'autonomia del Comune trevigiano. Un altro evento di grande interesse, estremamente significativo della fase politica entro la quale l’iniziativa dei Tempesta stava prendendo forma, è la contesa avviata dalla famiglia contro il Comune, meglio definita dagli storici come processo avogari. I Tempesta tra il 1314-15 rivendicarono, infatti, al Comune il dazio della muda, precedentemente prerogativa dell’episcopato. Il processo si concluse con esito quasi scontato, ovvero il Comune ottenne la titolarità del diritto di riscossione del dazio.
     Questa nuova fase di vita indipendente del Comune trevigiano ebbe tuttavia una durata assai breve. Da un lato le cause vanno individuate nell’aggressività politica e militare degli Scaligeri, i quali misero in crisi l’equilibrio politico dell’area compresa tra Padova e Treviso, dall’altro nelle profonde fratture esistenti all’interno della stessa classe dirigente trevigiana. La città, a partire dal 1317, divenne, infatti, oggetto delle mire politiche di Federico d’Asburgo, il quale con il suo intervento tentava di evitare il formarsi di pericolose lacerazioni nel precario equilibrio esistente tra le città del Veneto. Rambaldo Collalto e Guecello Tempesta si recarono nel 1318 presso Federico per chiedere appoggio contro Cangrande I della Scala. La città si pose dunque sotto la protezione del re: il Consiglio dei Trecento e il vescovo giurarono quindi fedeltà a Federico, impegnandosi a riformare la costituzione cittadina, secondo il volere dello stesso re.
     Il Comune trevigiano del primo Trecento andò lentamente perdendo la sua autonomia, proprio a causa delle pesanti e continue pressioni politiche provenienti dall’esterno. In seguito alle persistenti incursioni scaligere, tra il 1324 e il 1326, le forze cittadine si raccolsero attorno a due partiti, facenti capo rispettivamente alle famiglie degli Azzoni e dei Tempesta. Dietro a questi schieramenti si può individuare senza dubbio la propensione di appoggiare l’uno o l’altro dei due maggiori contendenti, gli Scaligeri e Federico d’Asburgo. L’incalzare degli avvenimenti aveva in ogni caso costretto Guecello Tempesta a ritirarsi per un certo periodo nei suoi castelli, in modo da mettersi al riparo dall’inevitabile cospirazione ai suoi danni messa in atto da parte di Altiniero degli Azzoni. Guecello rientrò poi definitivamente a Treviso il 6 gennaio 1327, dopo un breve scontro armato terminato con l’uccisione di Altiniero. Da quel momento in poi egli assunse il controllo delle istituzioni cittadine e una funzione egemone nel governo della città, grazie probabilmente al sostegno di Enrico di Carinzia-Tirolo.
     Dopo il prolungato assedio di Cangrande I, la città di Treviso fu conquistata nel luglio del 1329. La conquista sancì, almeno formalmente, l’accordo tra Cangrande e Guecello Tempesta, sostenitore del dominio scaligero e principale esponente del governo trevigiano tra il 1327 e il 1329. Durante tutto il decennio del dominio scaligero, i Tempesta mantennero un ruolo egemone, anche se fallì il loro tentativo di instaurare in città una vera e propria signoria, sulla scorta di quanto era avvenuto a Padova. I Tempesta, tuttavia, conservarono le proprie prerogative signorili, seppure con una giurisdizione estremamente limitata rispetto all’immediato passato, almeno fino al settembre del 1342, quando il rettore di Treviso fu investito dalla Repubblica di Venezia anche del governo di Noale.