Moniego
I reperti archeologici testimoniano la presenza dell’uomo, nella zona, a partire dal periodo dall’età del ferro
1. I documenti editi non ci acconsentono di stabilire le origini di Moniego. La prima notizia su Moniego la da il Rolandino in VITA E MORTE DI EZZELINO DA ROMANO (Cronaca), dove racconta che nell’estate del 1234 l’esercito padovano si accampò fra i fiumi Marzenego e Draganziolo e da li i padovani procedettero al saccheggio e alla distruzione dei villaggi e dei castelli circostanti, fra i quali Moniego “Mognegi2. Nel catasto delle strade e dei ponti redatto dal Comune di Treviso nel 1315 si parla del castello di Moniego3. Nel 1329 Moniego è fra i villaggi della signoria concessa da Cangrande della Scala a Guecello Tempesta. Nel 1348, prima della peste ricordata  proprio come la peste del 1348, Moniego aveva 20 famiglie con 148 abitanti4.
Chiesa di S. Maria Annunziata  
L’attribuzione del fonte battesimale è sicuramente successiva al 1152, perché Moniego non appare  nell’elenco delle Pievi contenuto in una bolla papale di Eugenio III5. Una cappella è menzionata nelle Rationes Decimarum  Italiae del 1297. Nel 1334 in un registro delle decime del vescovo di Treviso è citata come pieve plebs. La particolare croce patriarcale che svetta in cima al frontone della facciata è il simbolo visibile della dipendenza fino al 1815 della parrocchia di S. Maria Annunziata di Moniego dal Patriarcato di Aquileia. L. Bovo e G. Zorzetto nel libro “L’Antica Pieve di Moniego” ipotizzando che il nome Moniego derivi da "Mulinego" o "Molinego", cioè "paese del mulino", vista anche la presenza del fiume Draganziolo e ritengono che fosse "pertinenza" dell'Abbazia Benedettina di Sesto al Reghena (PN) in seguito ad una donazione. Nel documento di donazione al monastero del 762, accanto ad altri beni, i due fratelli longobardi Erfone e Marco, divenuti monaci, lasciano anche "Le corti e le case in molenego o mulinego", che dal contesto dell'atto sembrano essere identificabili lontano dal monastero e nella nostra zona6. Della struttura originaria della chiesa, consacrata nel 1353, restano tracce fra gli archetti del sottotetto e una iscrizione in caratteri gotici del 1365 nella vecchia sacrestia ora cappella Grimani. 
Come ricorda l'iscrizione sul frontale della porta principale di accesso la chiesa è stata ampliata e la facciata rifatta nel 1497 mentre erano in carica  il parrocco Grecolco Scutari dei Frati Minori e i massari Giuliano Sorgato e Benedetto Busolin.
Restaurata nel 1926 la chiesa ha un’unica navata e cinque altari.
 
Nel presbiterio si nota la maestosità e l’eleganza sia dell’altare maggiore. L'altare di marmo, in stile classico rinascimentale è sormontato da un tabernacolo e da una loggetta per l'ostensorio che riprendono, con evidente maggiore eleganza, la cupola della chiesa stessa. La pala dell’altare del 1584, di autore ignoto, è sicuramente di scuola veneta. Nel dipinto è rappresentata l'annunciazione con l'angelo che parla a Maria e lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, che aleggia in aria. In alto vi è l'Eterno Padre che osserva, e attende il sì di Maria, in basso sono raffigurati il santo Ermagora Vescovo e il santo Diacono Fortunato, patroni della diocesi di Aquileia.
Sempre nel presbitario ai lati dell'altare vi sono due tele recenti che sostituiscono degli affreschi seicenteschi gravemente danneggiati. Le opere realizzate nel 1919 dal pittore di Castelfranco, Noè Bordignon raffigurano: quella di destra l'Ultima Cena, quella di sinistra la Natività. Anche i quattro medaglioni degli Evangelisti. S. Marco, S. Giovanni, S. Matteo e S. Luca ,che possiamo vedere entro triangoli tra la cupola e il presbiterio, sono opera dello stesso pittore ed eseguiti sempre nel 1919.  
Nel presbiterio, sono degni di nota, la trecentesca custodia degli Olii Sacri, la sedia presbiteriale del XV secolo, la Croce Pastorale e il cinquecentesco coro ligneo.
L'altare dedicato al S. Urbano, è a sinistra del presbiterio. Il dipinto è sicuramente seicentesco e riproduce il Santo Pontefice e Martire Urbano con ai lati S. Benedetto e S. Francesco. In alto veglia la Beata Vergine attorniata da angioletti suonatori.  Altri angeli suonatori sono raffigurati nella parte bassa del dipinto. Il culto di S. Urbano a Moniego è molto antico, tanto che in alcuni documenti del 1300 il paese è dedicato a questo santo e non alla Vergine Annunziata come era stato prima e sarà successivamente. Forse, questo fatto si deve mettere in relazione alle contese per il possesso della parrocchia tra il Patriarcato di Aquileia e la Diocesi di Treviso.  
A destra del presbiterio vi è l'altare dedicato a San Valentino. Il dipinto è stato eseguito nel 1960 dal pittore Borsato in sostituzione della tela seicentesca distrutta da un incendio. Il quadro è ambientato a Moniego e S. Valentino è raffigurato in un momento di intercessione e sollievo ad una donna del posto, colpita da epilessia. La pianeta rossa che indossa, simbolo del suo martirio, è custodita in un armadio in sacrestia ed è opera di paziente ricamo di tante giovani di Moniego sotto la guida di Suor Pia Dondi. Sullo sfondo della tela è presente con la palma in mano San Tarcisio.  
Sul lato sinistro a metà navata, troviamo l'altare del Crocifisso che come l'altare della Madonna di Loreto è attribuito ad Alessandro Vittoria (1525 -1608 - scultore e medaglista  allievo del Sansovino molto attivo a Venezia) o ad un suo allievo. L'altare prende il nome da un artistico crocifisso ligneo del Settecento appeso sopra la mensa su uno sfondo di marmi policromi a strisce verticali. Da poco restaurato, è diventato un vero gioiello di arte rinascimentale veneta.  
A metà della navata, sulla destra, troviamo l'altare dedicato alla Madonna. Come l'altare del Crocefisso è attribuito a Alessandro Vittoria. Il dipinto dell'altare ricorda che prima si venerava la Vergine di Loreto ma poi la pala è stata tagliata per ricavare la nicchia ove riporre la statua della Madonna e il posto della Santa Casa, sostenuta dagli angeli, è stato preso dalla statua del 1492 della "Madonna del Pan", invocata così perché la S. Vergine tiene in mano un pane. L'8 dicembre di ogni anno la Madonna è ricordata a Moniego con questo titolo, mentre sono benedetti e poi consumati molti quintali di grossi pani. La parte superiore della pala dell’altare, di autore ignoto, con gli angeli che attorniano oggi la statua della Madonna e che un tempo sostenevano la Santa casa, ha un fondo giallo-oro nitido e marcato ed è divisa dalla parte inferiore da una striscia traversale di colore neutro. Nella parte inferiore della tela, di mano sicuramente diversa della parte superiore, sono raffigurati: S. Carlo Borromeo supplicato contro carestia e peste; S. Lucia che porta in mano su un piattino gli occhi a simboleggiare la sua capacità di proteggere chi ha problemi di vista; S. Apollonia che tiene in mano una tenaglia con un dente estratto per significare la sua protezione contro il mal di denti; S. Francesco da Paola che veniva invocato per avere prole e S. Giovanni Battista. Sicuramente i parrocchiani di Moniego erano stati favorevoli al cambiamento di questo altare dedicato non più alla Vergine di Loreto, ma ad un’immagine di Maria che dona con il cibo celeste, Cristo, anche il pane materiale. Non a caso i cinque santi alla base della tela erano tutti invocati per particolari necessità della vita umana. Fra gli stucchi che adornano l'altare vanno evidenziati: le due statue in gesso ai lati e uno stemma araldico non identificato.  
Il battistero è del XVIII secolo e sulla sommità ha una piccola statua in legno dipinto raffigurante S. Giovanni Battista.
Colpisce nella chiesa di Moniego anche l'elegante travatura del soffitto, opera dei restauri del 1926 (il tetto é sostenuto da dodici grosse travi che rappresentano i dodici apostoli ed è abbellito da artistiche e colorate listelle lignee, in numero di centocinquanta per ogni fascia fra trave e trave riferibili alle quindici Ave Maria dei quindici Misteri del Rosario. 
Si accede nella sacrestia vecchia, che oggi è chiamata Cappella Grimani, attraverso una porta lignea istoriata del ‘500. L'interno della cappella conserva le uniche decorazioni rimaste nella chiesa dopo la ristrutturazione del 1926
7. La costruzione della cappella risale senz'altro dei primi anni del ‘500, come testimonia una scritta interna (1522) e la pittura del Risorto con a lato un doge supplicante con lo stemma dei Grimani. Le altre raffigurazioni, dentro lunette, riportano i quattro evangelisti: S. Marco, S. Giovanni, S. Matteo e S. Luca e le effigie di alcuni parroci di Moniego del '600. Su una parte della sacrestia è conservata una lapide in volgare del 13658.
Sulla facciata interna della chiesa sono presenti una iscrizione del 1603
(su ordine dell'illustrissimo e reverendissimo Francesco Barbaro patriarca e principe di Aquileia) e una lapide romana della fine del I secolo a.C.9.  
La facciata della chiesa, restaurata nel 1975, conserva labili tracce di decorazioni del cinquecento, rese illeggibili dalle avversità atmosferiche e  dallo smog causato dal traffico continuo della vicina statale 515 e in cima alla cupola svetta una statua del Redentore.  
Davanti alla chiesa si innalza per oltre 50 metri il campanile che come ricorda la lapide posta al suo interno è stato eretto nel 1512 dal parroco Grecolco Scutari, frate francescano. Il campanile nell'anno 1878 è stato innalzato ed ha assunto l'aspetto attuale.  
Note  
1 Associazione Cultura Avventura Immagini  dal tempo - il territorio noalese nell’antichità, Comune di Noale, Editore Master s.r.l. Padova. 1997 .  
2 Rolandino, VITA E MORTE DI EZZELINO DA ROMANO (Cronaca), pag. 139 - Fondazione Lorenzo Valla - Arnaldo Mondatori Editore – maggio 2004.  
3 L. Bovo, G. Zorzetto, L’Antica Pieve di Moniego, Scorzè 1974.    
4 Federico Pigozzo Briana e Moniego nel Medioevo (1210 -1490), Associazione Noale Nostra Onlus,Grafiche Dipro - Roncade (TV), 2003.  
5 D. Rando, Dall’età del particolarismo al Comune (secoli XI – metà XIII), in Storia di Treviso, II Il Medioevo, a cura di D. Rando e G. M. Varanini, Venezia 1991, pp. 44 – 45.  
6 L. Bovo, G. Zorzetto, citato.  
7 Lo storico storico Fapanni, alla fine al secolo scorso, testimonia che entrando in chiesa, si potevano ammirare, nelle pareti laterali e sul soffitto, diversi affreschi riguardanti scene evangeliche, opere non pregevoli artisticamente ma di sicuro effetto e insegnamento per i parrocchiani di Moniego. 
8 Il testo recita:
Il 6 giugno del 1365 fu consegnata questa lapide alla chiesa di Santa Maria di Moniego. La fecero fare Giacomo Sperato Elum barbiere esecutori testamentari di Giacomo Schiba da Moniego perchè detta chiesa riceva una rendita annuale di 3 staia, 6 quarte di frumento il sacerdote, 6 quarte ai massari (amministratori laici) della chiesa. In ringraziamento ad ogni festa il sacerdote dovrà andare con la croce sopra la sepoltura di Giacomo Schiba presso la chiesa di San Leonardo di Treviso "a dir del ben" (pregare?). 

9 Durante lo scavo per la costruzione delle fondamenta per le colonne di sostegno della cantoria (anno 1990) è stata rinvenuta la lapide di trachite d’Aurisina (lunghezza cm120, altezza cm 50, spessore cm 30), corniciata (gola rovescia e listello). L’iscrizione ha un testo abbastanza arcaico che presenta particolarità linguistiche di non facile soluzione e si riferisce alla tomba che Sesto Veturio Telefo, liberto di Sesto e di Quinto, fece costruire da vivo per sé, per i figli avuti da schiavo e per quelli che avrebbe avuto in seguito e che sarebbero nati liberi, e per altre persone non individuabili per ora perché tommonis è termine ignoto. Associazione Cultura Avventura Immagini  dal tempo - il territorio noalese nell’antichità, titato.