NOALE
TRA ANTICHITA' E MEDIOEVO
A. Fattori
Le
animazioni riguardanti la parte archeologica, tratte dal
Cdroom Novalis Antiqua, sono state concesse
dall'Associazione Cultura Avventura Noale (C/O Francesco
Tavella via Ponte Casino, 33 - 30033 Noale (Ve) - Tel 041
440367)
Le
arature profonde praticate nei decenni dal 1960 al 19801,
hanno portato in superficie una notevole quantità di
materiale archeologico che, nei casi più fortunati è stato
conservato nei cortili delle aziende agricole, molto spesso è
stato sotterrato in profonde fosse, altre volte è stato
utilizzato per interrare fossi o come inerti per migliorare il
fondo della viabilità agraria. I reperti archeologici
raccolti2 hanno
permesso di accertare la presenza dell’uomo nel territorio a
partire dalla prima età del ferro (VIII secolo a.C.). Il
materiale archeologico dell’età del ferro
è costituito da
frammenti di ceramica di uso domestico3,
l’unica eccezione è un ciottolo litico
che reca sulla
facciata convessa tratti incisi di carattere alfabetico e
altre piccole incisioni e lungo il perimetro si nota una
incisione continua (tutte le scanalature non sono
accidentali). Sono completamente assenti reperti che aiutino a
capire da quali attività traessero le fonti di sostentamento
e come fossero organizzate le eventuali aziende agricole
presenti e non è possibile l’analisi della reale
consistenza della popolosità. Non sono state fatte ricerche
che acconsentano una conoscenza della viabilità e
sull’assetto del territorio in genere anche se è noto che i
veneti antichi conoscevano la tecnica di sistemazione agraria
etrusca, molto simile a quella romana. I reperti sono presenti
in otto località lontane fra loro, due solamente nei pressi
di fiumi uno dei quali non navigabile. Si trattava certamente
di una realtà agraria marginale. Nove di questi siti hanno
una continuità nel tempo che va dall’epoca veneto antica
alla romana. In tre di essi è stato possibile documentare con
chiarezza il periodo dell’inizio dei commerci con Roma
(II e
I secolo a.C.), l’epoca romana (I a. C. II d.C.) e il post
antico (III D.C.). La penetrazione dei prodotti romani, nei
siti con presenza di reperti veneto antichi, è documentata da
frammenti di recipienti di ceramica del II – I secolo a.C.
di produzione romana, da parti di anfore del II secolo a. C.4
e da una moneta in argento del II secolo a. C.5.
Il Veneto fu romanizzato gradatamente e in forma pacifica: nel
225 a. C. i veneti avevano stipulato con Roma una prima alleanza
contro i celti; nel 181 a. C. in pieno territorio veneto i romani fondarono la colonia
di Aquileia (posta a difesa del confine orientale) e
successivamente furono costruite due strade militari, nel 148 a.
C. la Postumia
(collegava Genova a Aquileia) e nel 131 a
. C. l’Annia (collegava Adria a Aquileia). Lungo queste vie
è iniziata la penetrazione dei prodotti romani e la
definitiva fusione dei Veneti coi Romani iniziata con la
protezione militare, proseguita con i commerci e le bonifiche
del territorio è avvenuta negli ultimi anni della Repubblica
(seconda metà del I secolo a. C.). Il forte aumento della
popolazione e la conseguente esigenza di soddisfare le
necessità alimentari di sempre crescente numero di persone ha
costretto Roma a bonificare e mettere a cultura nel II e I
secolo a. C. la maggior parte del territorio possibile non
solo nell’Italia ma in tutta l’Europa. Il territorio del
Veneto ha seguito la sorte del resto della padania6
e
a partire dalla seconda metà del I secolo a. C. la bonifica
ha interessato anche il territorio di Noale. In più punti
sono ancora evidenti tracce di una pianificazione a maglia
regolare che divide il territorio in rettangoli di m
1.060x104507.
Gli elementi geografici rimasti a testimonianza della
organizzazione del territorio in epoca romana hanno
l’inclinazione di 11,4 gradi rispetto all’asse est-ovest8.
Manca comunque una ricerca esaustiva sulla centuriazione
romana dell’agro di Altino del quale, in letteratura, sembra
facesse parte il territorio di Noale. I reperti del periodo
romano sono stati rinvenuti in 25 località, tutte lontane fra
di loro e la maggioranza del materiale archeologico appartiene
al I e II secolo d.C. Altri due siti sono stati segnalati da
contadini che ricordano di aver interrato in profondità
materiale laterizio emerso durante le prime arature profonde.
I siti sono sparsi un po’ su tutto il territorio ad
eccezione delle fasce lungo le rive del fiume Marzenego che
molto probabilmente erano state lasciate incolte a causa delle
frequenti esondazioni del corso d’acqua, aree che nella
tavola I.G.M. del 1887 risultano ancora adibite a prato
esondativo9.
La mancanza di scavi archeologici e la considerazione che in
molti siti la raccolta di superficie è iniziata dopo due
decenni di arature profonde e fresature della superficie
arata, che hanno distrutto molti dei reperti venuti alla luce,
impediscono una analisi approfondita. In quattro siti la
presenza, di vetro10, di ceramica pregiata11, di elementi decorativi ceramici12, di
tessere musive per pavimento in cotto e pietra
indicano una
certa agiatezza. Una lapide funeraria, d’età tardo
repubblicana, di un ricco liberto di origine greca indica
anche la presenza di una redditizia attività artigianale o
commerciale13. Una
macina in trachite
e diversi frammenti raccolti in più
siti, parti di mortaio in pietra o in cotto, indicano la
presenza di coltivazioni di granaglie. I pesi da telaio
troncopiramidali (presenti in 10 località) la presenza delle
fusaiole (usate per la filatura), il ritrovamento dei fondi di
grattugia (fondi di vasi con inclusi ferrosi), fanno ritenere
che fosse diffuso l’allevamento di pecore e la produzione di
formaggio. I contrappesi da stadera14 e i pesi da bilancia (raccolti nello stesso sito di peso
diverso) indicano presso quelle aziende agricole una qualche
forma di commercio. Sono stati rinvenuti anche pesi in cotto e
piombo per reti da pesca. I frammenti e tappi di anfore della
prima metà del I secolo a.C. – fine del II secolo d.C.
testimoniano rapporti commerciali con gran parte della
penisola15. E’ stato rinvenuto anche un manufatto in pietra calcare
lavorato a forma di triangolo scaleno, probabilmente si tratta
di una pedina da gioco. I numerosi marchi di fabbrica (bolli)
presenti su laterizi o materiale ceramico indicano un rapporto
commerciale con l’area padovana16. In più siti sono stati rinvenuti frammenti di manufatti in
bronzo17, scorie di lavorazione del ferro e diverse colature
di piombo, due lucerne
e frammenti di altre due18. I reperti presenti in due siti fanno ritenere trattarsi di
recinti funerari e uno di questi ha una continuità che va dal
veneto antico al post romano19. In questo ultimo sito sono stati rinvenuti anche due
pesi di telaio discoidali recanti decorazioni impresse a
stampo rappresentanti un graticolo ripetuto più volte e
impressioni circolari con motivo a raggiera. Le poche monete
raccolte sono in pessimo stato e vanno dal II secolo a.C. al
alla fine del II secolo d. C.20. La mancanza di scavi archeologici, ormai inutili, non ci
acconsente di stabilire come fossero fatte le abitazioni. I
mattoni le tegole (tegule)
e i coppi (imbrex)
rinvenuti sono scarsi, forse perché in epoche lontane
riutilizzati, frammenti di embrici e di imbrex
(usati per coprire i tetti)21 sono presenti in tutti i siti, in tre località sono
stati ritrovati mattoni ad arco (usati per la costruzione di
pilastri) e mattone per pozzi (pozzali). Si può supporre che
quasi tutte gli edifici fossero costruiti con mattoni crudi
(alcune testimonianze di case agricole costruite in parte con
mattoni crudi, risalenti alla fine dell’800, sono ancora
presenti a Noale) con l’impiego di travature di rinforzo e i
tetti venissero coperti da paglia o canne e in parte da tegole
e coppi. A
partire dal III secolo d.C. in tutta la pianura Padana ebbe
inizio il processo di progressivo abbandono causato:
principalmente dall’apparire sul mercato del grano prodotto
nei latifondi del nord africa a costo molto più basso di
quello prodotto nei piccoli poderi del Veneto22;
dalle mutate condizioni ambientali diventate sempre più
sfavorevoli per l’agricoltura23;
le continue guerre conseguenti alle invasioni dei popoli del
nord24
e la crisi politica e militare dell’impero romano. Dal III
secolo d. C., le testimonianze archeologiche diventano
sporadiche (sono presenti solamente in
tre siti)25 e con il IV secolo d. C. cessano in tutto il territorio
noalese le tracce della presenza umana. Con l’abbandono del
territorio per mancanza di manutenzione la viabilità è
divenuta rapidamente impraticabile e i fiumi sono ritornati ad
esondare e ad impaludare ampie aree che sono state ricoperte
da foreste. Nel basso medioevo il paesaggio noalese era ancora
dominato dalla presenza di boschi e di paludi e i documenti a
partire dal XII sino a tutto il XV secolo raccontano di
boschi, di aree disboscate ed i relativi territori adibiti a
pascoli o a campi coltivati. La presenza nei documenti
medievali di un solo toponimo di origine romana “Briana”,
mentre abbondano le località con nomi legati agli alberi e
all’acqua e lo stesso nome Novalis
(nel medioevo attribuito alle località di nuovo utilizzo)26
fa supporre che un primo nucleo urbano sia sorto in un’area
di dominio della foresta secolare che si era formata a causa
del parziale abbandono del territorio da parte della
popolazione dopo la crisi dell'impero romano. Un grande bosco
“Nemus Maior”
occupava tutta l’area a nord di Noale sino ai confini di
Trebaseleghe27 e
alla fine del Quattrocento, ciò che rimaneva nel territorio
noalese, prese il nome di bosco dell’orco “Bosco da l’Orcho”
28.
In
un atto del 1168 compare il Bosco
di Briana29.
In un atto di divisione di beni del
1210, a
ricordare un bosco appena abbattuto è citata la località “Ronchis di Valade”30.
Molte località del territorio portavano un nome legato agli
alberi: Rio Vernice che deriva da “Verna”,
ontano31;
le contrade dei salici “contrata
de Salgarie”
e….. dei boschi “contrata
de Boschi”32;
la contrada degli aceri “contrata
da i Opi” e quella “dal
Pro Strazo”33,
la località delle noci “contrata
da le Nogarole”34;
prato dove prima vi era un bosco che è stato abbattuto “pro roncho”35;
la località prato del bosco “El
pro del Bosco”36;
il fossato chiamato “la
fossa da la via dali albari”37;
il “ponte della Mirra”38,
vicino al quale vi era il prato del ferro “Pro
dal Ferro”39;
la località del prato lungo “Dal
Prà Lungo”40;
la contrada delle siepi “ contrata
da le Zelesare”41;
si trovano anche terreni disboscati di recente “Frattasara,
Fratastra, Fratta, Fratta Serra,”42.
Sono frequenti anche i nomi legati all’acqua: contrada detta
Pioveva (fosso) “contrata
dicta la piovega”43;
un corso d’acqua artificiale che segnava un confine “Fovea Bandicta” da bandito, cioè esiliato44;
una località posta fra i due fiumi Muson e Musonetto “infra duos Musones”45.
A causa del lento incremento demografico e la minaccia delle
scorrerie ungariche, nei secoli X e XI, si è avuto in tutta
l’Italia del nord una forte espansione delle fortezze rurali46. L’incremento della popolazione (nel XII secolo ha assunto
proporzioni maggiori) e la cessazione delle scorrerie,
hanno avuto come conseguenza l’estensione degli spazi
messi a cultura, lo sviluppo dei traffici, dei centri abitati
“ville, vico, loco”, dei villaggi fortificati “castrum”. Probabilmente Noale è sorta in questo periodo ma va
precisato che i documenti editi non acconsentono di datare la
sua nascita47, di stabilire se prima della edificazione del sistema
fortificato esistesse un vico
o loco abitato, se sia stata edificata
prima la fortezza “palacium castri” e successivamente il castello “castrum”48 e se la l’attrazione del castello abbia avuto come conseguenza
la scomparsa di vecchi insediamenti che sorgevano nelle
immediate vicinanze49. Secondo D. Rando50
Noale, nella seconda metà del XI secolo, era una proprietà
allodiale della famiglia dei da Carbonara (avvocati almeno
dalla seconda metà del XI secolo del vescovo e del capitolo
di Treviso). Appare certo, sin dall’inizio del XII secolo,
l’intreccio della storia della città con quella della
famiglia dei Tempesta succeduti, secondo G. Biscaro, nel ruolo
di avogari del vescovo di Treviso ai da Carbonara nel 111951. L’ipotesi è condivisa da G. M. Varanini52
e S. Bortolami53 secondo i quali nella seconda metà del XII secolo la
consorteria si spezzo in vari rami che assunsero denominazioni
cognominiali diverse: Tempesta, da Crespignaga e Buzolino.
Alcuni documenti della seconda metà del XII secolo attestano
la significativa presenza a Noale di proprietà della famiglia
dei da Crespignaga54. Non possediamo dati numerici sulla popolazione di Noale nei
secoli XII e XIII, sappiamo che nel 1348 raggiungeva circa 600
abitanti. Alla fine del XIII secolo è documentata la presenza
di un agglomerato cresciuto fuori dal castello “burgus”55. All’inizio del Trecento, il borgo aveva avuto un forte
sviluppo mentre l’area del castello era ancora scarsamente
abitata con poche case e molti terreni coltivi (forse la causa
è da ricercarsi proprio nell’alto costo dei sedimi interni
di proprietà dei Tempesta). Le fonti sono tuttavia
insufficienti per fornirci un quadro storico esauriente
riguardo il nucleo originario, la prima attestazione
toponimica dell’esistenza di Noale è un documento che
attesta una donazione ai monasteri di Cluny e a Santa Croce di
Rialto redatto a Noale “Annuale
feliciter” nel 111556. Pochi anni dopo, cioè nel 1119 una datazione topica
precisa che l’atto è redatto a Noale “Actum
est Annuale feliciter”57(in entrambi i documenti del 1115 e 1119 non si parla di villa
o loco in quanto
tale). Il 27 maggio
del 1154 un atto è stato redatto nel comitato di Treviso,
nella località chiamata Noale “Actm in comitatu Tarvisii, in loco qui dicitur Anualus”58. Il villaggio fortificato “castrum”
appare per la prima volta nel 118159. Della fortezza “palacium
castri,castrum, rocha” edificata a sud a cavallo fra il
castello e la campagna non si hanno notizie sino a Rolandino
che ne descrive la distruzione e la successiva ricostruzione
ad opera di Ezzelino da Romano avvenuta nel 124560. Il centro fortificato di Noale, possedimento sin dalle sue
origini, dei da Carbonara e successivamente dai loro eredi
Tempesta è situata in posizione centrale rispetto a Treviso,
Padova e Mestre nel punto dove si intersecano due importanti
assi stradali che collegano Padova a Treviso e Camposanpiero a
Mestre (in età medievale porto della città di Treviso) e per
secoli il castello svolse un ruolo fondamentale nel controllo
militare di un territorio posto ai confini dei comuni di
Padova e Treviso. I Tempesta con le loro alleanze con le
sottomissioni e le assunzioni di cittadinanza con l’una o
l’altra parte furono elemento di instabilità nel difficile
equilibrio fra i comuni di Padova e Treviso per tutto il XII e
XIII secolo61. Dal 1329 al 1339 Noale fu il capoluogo di una signoria rurale
“curia o comittatus”
concessa da Cangrande I della Scala a Guecello Tempesta62. Noale rimase dei Tempesta sino alla decadenza della famiglia
che nel 1364 cedette il castello a Venezia63. Da prima protettorato militare della Serenissima, Noale dal
1360 divenne capitaneria e nel 1390 podestaria e rimase
veneziana, salvo un breve periodo di dominio Carrarese, dal
1381 al 1388, sino al 1797 anno della caduta di Venezia ad
opera di Napoleone. Con il trattato di Campoformido del 1797
seguì le sorti del Veneto e divenne Austriaca. Il 3 ottobre
del 1866 con la firma della pace di Vienna il Veneto venne
ceduto a Napoleone III, che lo consegnò al Regno d’Italia.
Noale conserva leggibili i segni urbanistici del sistema
difensivo medievale basato sulle acque del fiume Marzenego. La
particolare leggibilità planimetrica e urbanistica fanno
della cittadina un importante documento di storia dei sistemi
difensivi e di urbanistica militare medievale. Di tutte le
località fortificate, presenti nel Medioevo nell’area
veneziana, Noale è rimasta testimonianza ormai unica di un
castello arcaico, con tipologie simili a quelle largamente
diffuse nel XII – XIII secolo, imperniate su difese in terra
e acqua. L’interesse del sistema difensivo noalese è nel
fatto che la difesa non era risolta con un unico baluardo,
bensì con una sequenza di strutture di natura e di forza
diversa64. Le prime difese del complesso sistema difensivo erano dei
fossati “circha”che circondavano
il castello all'esterno proteggendolo in modo rudimentale e
costringendo chi si avvicinava a percorsi obbligati. Il
castello o terra era protetto da doppi fossati “fovea e refoxum”, da
terrapieni “spalti”
con palizzate “palancatis”
difese da torri in legno “bitifredi”e
da spinate “spinade”.
Due possenti torri in muratura erano poste a protezione delle
due porte d'accesso, l’una sulla strada per Camposampiero
(porta del cervo o per
Vicenza) e l’altra verso Mestre (porta trevigiana).
A sud a cavallo fra il castello e la campagna, isolata da
ponti levatoi possente inespugnabile fortezza, vi era il “Palacium
castri, castrum,
rocha” con al suo
interno il mastio “turris
magistrae, turris veteris” ultima estrema difesa. Ad est, a ridosso
dei fossati di difesa del castello sulla strada che conduceva
al porto di Mestre, si era sviluppato il borgo “burgus”,
sede delle principali attività artigianali e commerciali. Il
borgo era a sua volta difeso da terrapieni, palizzate e torri
in legno.
Del castello, ora l'area di piazza castello, sono ancora quasi
interamente conservati i doppi fossati, le due porte con le
possenti torri poste una sulla strada per Camposanpiero (porta
e torre delle campane nel Medioevo del cervo
o per Vicenza) e l’altra verso Mestre (porta e torre
dell'orologio nel Medioevo trevigiana).
E' conservato il segno urbanistico del borgo e
dell'extraborgo, ora piazzetta del grano e piazza XX
settembre. A sud di piazza Castello sopravvivono i resti della
rocca. Dell'edilizia abitativa del Trecento non è rimasto
alcun ricordo. Gli assedi del 1356 ad opera degli ungheresi ed
i successivi del 1379 e 1381 dei Carraresi e quello del 1388
ad opera di Gian Galeazzo Visconti debbono aver arrecati danni
considerevoli. Lo dimostra anche il fatto che nei documenti
della fine del Trecento ed inizio Quattrocento le case che
precedentemente avevano i tetti di coppi “coppate”
appaiono quasi tutte con i tetti di paglia o diroccate. Con il ritorno alla fine del 1388 di Noale a Venezia e
l'insediamento nel 1390 di una podesteria la serenissima iniziò
un importante serie di interventi mirati a consolidare le
strutture fortificate ed a costruire edifici che fungessero da
simbolo della nuova amministrazione ed i successivi
investimenti privati da parte dei patrizi veneziani ed il
conseguente sviluppo socio economico hanno avuto come
conseguenza l'inevitabile rinnovamento di tutta l'edilizia
privata e la conseguente cancellazione di ogni traccia del
Trecento. La Noale
dei secoli XV e XVI è rimasta sostanzialmente immutata dal
XVII, alla prima metà del XX secolo quando lo sviluppo
dell’area industriale di porto Marghera, ha avuto come
conseguenza l’inizio di una
incontrollata urbanizzazione di tutto il territorio.
Note
1.
le arature profonde praticate per ottenere una resa maggiore
del terreno in breve tempo lo hanno gravemente
impoverito e alla
fine del Novecento si è ritornati a trattamenti meno
distruttivi.
2.
Il gruppo Giovanile Orsa Maggiore, nato come scuola di
ecologia per giovani nell’ambito dell’associazione
Gruppo Micologico Culturale di Noale, divenuto nel 1990
Associazione Cultura Avventura Noale, ha raccolto
presso le fattorie agricole, presso privati e soprattutto con
lunghe e faticose ricerche di superficie su un
territorio di circa 120 km2 più o meno 1800
reperti che sono stati consegnati al sindaco di Noale e ora
sono
custoditi presso il deposito archeologico del comune di Noale.
La zona presa in esame ha interessato l’intero
comune di Noale, il territorio a sud-ovest sino al fiume Muson
e a nord-est parte del comune di Scorzè. Nel
1997
l’associazione ha pubblicato l’esito delle ricerche in
IMMAGINI DAL TEMPO– il territorio
noalese
nell’antichità, Comune di Noale,
Edit Master s.r.l. Padova.
3.
Testimoniano la presenza dei veneti antichi: due frammenti
contigui di pareti di SKYFOS in ceramica grigia con presa a
bastoncello (IV-III sec. A.C.), molti frammenti di pareti di
doli, di olle e olette in ceramica di
impasto in argilla
bruna, beige arancio, beige rosata, grigia con inclusi più o
meno grossi a volte con decorazioni date da impressioni
digitali o a pettine; coperchi di ciotole in ceramica di
impasto di argilla beige rossiccia con vacuoli e a volte con
segni incisi a forma di X; fondi e orli di olle di recipienti
in ceramica bruna, bruna arancio, beige, beige rosata con
vacuoli e inclusi; frammenti di recipienti di argilla di
impasto arancio
con vacuoli e inclusi anneriti all’interno o in superficie;
frammenti di orli di coppe in argilla grigia. Presso
l’ufficio cultura del comune di Noale è consultabile la
copia dell’Inventario Generale dei reperti custoditi nel
deposito archeologico del comune di Noale.
4.
Sono stati rinvenuti frammenti di anfore DRESSEL 1, anfore
vinarie per eccellenza, (trasportarono infatti i più
rinomati vini italici), furono prodotte in Italia
soprattutto in Lazio, Campania e Toscana,
tra il II
e il I secolo
a.C.
5.
Si
tratta di un vittoriano d’argento, di cui non si conosce
l’emissione, del II secolo a. C. (post 211) con sul davanti il profilo di Giove e sul retro la vittoria che incorona un trofeo.
6.
Lo testimoniano inequivocabilmente le persistenze delle
centuriazioni, estese anche su aree molto veste. B. Marcolongo e M. Mascellari, Immagini
da satellite e loro elaborazioni applicate alla individuazione
del reticolato romano
nella pianura veneta. Archeologia Veneta n. 1 1978.
7. A
ovest di Noale, nella zona compresa tra
Fossalta e la località Brugnole e evidente un rettangolo
compreso tra San Dono e la località Padovane le cui dimensioni
corrispondono a quello che in letteratura è indicato come il modulo usato per dividere il territorio proposto dal
Fraccaro. P. Fraccaro, La centuriazione romana
dell’agro di Altino, in
atti del convegno retroterra veneziano Venezia, pag. 61 ss. (Opuscola
III, I, Pavia, 1957, pag. 151 ss.). M. Lacchini, Il
territorio di Altinum. Confini. Configurazioni geografiche e
centuriazione, in atti CESDIR,IV, p. 191 ss.
8.
Le elaborazioni delle foto del
satellite Skylab hanno evidenziata una struttura
lineare sepolta corrispondente
ad un decumano e due corsi d’acqua rettilinei che
probabilmente costeggiavano due cardi. I due fossati sono stati conservati perché seguono le linee di massima pendenza
e per questo hanno continuato nei secoli ad avere una funzione drenante.
9.
Piano Regolatore Generale del Comune di Noale, tavola I.G.M.
del 1887.
10
Sono stati raccolti frammenti: di bottiglie (orli a tesa con
parti di collo, di colli cilindrici a volte con l’attacco dell’ansa, vetro di colore blu, verdino, verde scuro e
azzurro); di balsamari e coppette (fondi piatti, frammenti di parete curvilinea a volte con decorazione a linee incise,
vetro di colore blu, verde, verde chiaro, verde azzurro, azzurro, azzurrino, azzurro intenso); di orli a tesa
di recipienti non identificati, (vetro di colore blu, azzurro, verde-azzurro, verdognolo); di lastrine
piatte, vetro di colore verde scuro.
11.
Ceramiche in terra sigillata nord-italica:
-
frammenti di fondi di patere in alcuni casi con motivo
decorativo a intervalli, in altri con modanatura, con
incisioni parallele concentriche, argilla rosata, vernice
rosso cupo; frammenti di fondi di piatti, patere, coppe e
coppette a volte recanti solcature concentriche o con piede ad
anello
con motivi circolari incisi o con anelli,
argilla rosata vernice rosso cupo o argilla beige con vernice
rossa; frammenti di orli di recipienti non identificati
modanati o a fascia, argilla beige, vernice rossa; frammenti
di pareti di recipienti non identificati,
argilla arancio, vernice rossa; frammenti di pareti di coppe
tipo Sarius con decorazione vegetale a palmette di
varie forme o nastri festoni trattenuti
da borchie con rosette a più petali o con motivi a
rilievo, argilla arancio,
vernice rosso vivo; frammenti di fondi di coppe tipo Sarius;
frammenti di anse a nastro, argilla arancio, vernice rosso
cupa.
-Ceramica in terra sigillata aretina liscia
:
frammenti di piatto con decorazione formata da due cerchi
concentrici fra i quali si trova una decorazione a rotellature, al centro su cartiglio rettangolare C. SERTOCEL
(C. Sertorius Ocella, 30-
15 a
.C. fine età augustea), argille beige, vernice rosso cupo.
Ceramiche
a pareti sottili grigia:
frammenti di pareti di coppette e bicchieri di in alcuni casi
con decorazioni con rotellature, sabbiate, alla barbotine a volte con motivi “a strigilature” o “a
globetti su duplice fila” fra i quali sono foglie
“d’acqua” cuoriformi, argilla grigia, vernice grigia; frammenti di
pareti di bicchieri, coppe e coppette, argilla grigia, vernice grigia;
frammenti di orli di coppe, olle, ollette, argilla grigia con
vacuoli; frammenti di fondi di ciotole e coppe con piede ad anello o piatto, argilla grigia con
vacuoli.
-Ceramiche
a vernice rossa:
frammenti di fondi di piatti da pane, argilla beige con
vernice rossa interna; frammenti di pareti, orli con decorazioni a rilievo a ondulazioni di piatti, coperchi, coppe
e coppette a vernice rossa, argilla arancio, bruna, vernice arancio scuro interna e esterna.
-Ceramiche
a vernice nera:
frammenti
di fondi con piede ad anello di piatti, coppe, coppette,
argilla nocciola, arancio, vernice nera.
-Ceramica
a pareti sottili rosata o arancio rosata:
frammenti di orli e pareti a volte con decorazioni a fasci di
striature o striatura e sabbiatura. a squame.
12
Terrecotte eseguite a stampo raffiguranti figure umane con le
braccia rialzate nell’atto di sorreggere sulle spalle un peso, argilla crema.
13
La lapide in trachite Aurisina d’età tardo-repubblicana (lung.
Cm 120, alt cm 50, spessore cm 30, scorniciata a
gola rovescia e listello) reca l’iscrizione: SEX. VETURISUS
SEX. Q.L. TELEPHUS VIVOS FECIT SIBI ET QUI EX SE ORUNDI SUNT TOMMONISQUE OMNIBUS PERINDE ATQUE
INGENUEIS ORUNDI SINT (Sesto Veturio Telefo, liberto di Sesto e di
Quinto, fece costruire da vivo per sé, per i figli avuti da schiavo e per quelli che avrebbe avuto in seguito e
che sarebbero nati liberi e per i Tommonis (altre persone o
categorie di persone non individuate).
14
Sono stati rinvenuti due contrappesi da stadera in piombo di
forma ovoidale. Uno dei contrappesi raffigura una testina femminile con estremità inferiore
che si allarga ad imbuto e superiore con appiccagnolo,
l’altro ha l’estremità inferiore ingrossata e e quella
superiore con appiccagnolo provvista di foro passante.
15
Sono stati rinvenuti frammenti di anfore: DRESSEL 1, furono
prodotte in Lazio, Campania e Toscana tra la fine del II e la fine del I a.C e sono considerate le anfore
vinarie per eccellenza, infatti trasportarono i più rinomati vini italici; LAMBROGLIA 2, molto diffuse lungo i
litorali adriatici (sino alla Venezia Giulia) e tirrenici, nel periodo compreso tra la fine del II e la fine
del I a. C. circa, questo
tipo di contenitore era adibito al trasporto di vino; DRESSEL 2/4, sono anfore adibite alla
commercializzazione dei vini meridionali italici, sono state
prodotte tra la fine del I secolo a.C. ed il I d.C.; DRESSEL
6 A
, furono prodotte a partire dalla seconda metà del I secolo a.C. sino alla fine del I d.C. in
varie zone dell’Italia settentrionale – dall’Istria al Veneto, all’Emilia ed erano adibite prevalentemente al
trasporto di vino e alla commercializzazione delle salse di pesce; DRESSEL 6 B, furono prodotte a partire dalla seconda
metà del I secolo a.C. sino alla fine del I d.C., era un contenitore ad uso polivalente, l’area di produzione
è considerata tutta la pianura Padana l’Istria
compresa. Sono stati rinvenuti anche due tappi di forma
circolare per anfore, uno dei quali reca sulla parte superiore
un motivo stampigliato a rilievo.
16
I laterizi con bolli Q ARRI venivano prodotti ad Este dove è
stata rinvenuta una sepoltura recante i busti di
alcuni membri della gens Arria. I bolli ARRI si riferivano a
una sottomarca del più diffuso Q.ARRI, probabilmente venivano prodotti in una fornace di proprietà
di un membro della famiglia o da un liberto che
aveva lavorato per la gens Arria. I laterizi con il bollo
LAEPONI provenivano dall’agro di Padova e venivano prodotti dalla gens Laeponia. Il bollo CURTI è attestato
nell’agro di Padova. Il bollo CARTORIA è attestato in
Padova, Asolo, Verona, Vicenza e sul litorale adriatico e
sulla costa dalmata. Anche il bollo P. ATTII è attesto nell’agro di Padova. E’ pr5esente anche il bollo
CURTI VFN CV.
17
Sono stati raccolte parti di staffe e archi di fibule a
cerniera e un frammento dell’arco di una fibula ad ascissa (il produttore era di origine celtica), anelli e anellini,
fondi di recipienti, un frammento dell’orlo di un piccolo recipiente con l’attacco della parete con tre solcature
parallele orizzontali, un frammento di piatto di forma circolare con decorazione a intervalli di linee incise
circolari e concentriche, frammento di lamina piatta, frammento di lamina piatta di forma rettangolare con foro
passante all’estremità e motivo decorativo su una delle superfici, frammento di piastrina quadrata, anse a
bastoncello, barretta curvilinea a nastro, estremità di anse, fondi di piccoli recipienti con basso piede ad anello,
frammento di piccolo recipiente con piede ad anello, un anello di forma circolare ricavato da una lamina
ripiegata, frammento
di bastoncello con tre
solcature parallele orizzontali.
18
Sono state rinvenute: una lucerna
firmalampen a canale aperto con marchio FORTIS, I secolo a.C. II
secolo d. C. (le fornaci Fortis si trovavano dalle parti di Modena); una lucerna a canale
aperto con presenza di vetrificazione all’interno, di epoca
postantica (IV secolo d.C.).; un frammento della spalla e del
disco ribassato e parte di una lucerna a volute con
decorazione a conchiglia “a pettine” fittamente
dentellata.
19
Immagini dal tempo –
il territorio noalese nell’antichità, siti n. 5 e n. 6,
Comune di Noale, Edit
Master s.r.l. Padova.
20
Le monete ritrovate nell’ambito del territorio comunale e,
custodite presso il deposito archeologico del Comune di Noale, sono:
Moneta romana
repubblicana
Emissione
anonima:
n. 1 vittoriano
d’argento del II secolo a.C.(post 211), Roma, con sul
davanti il profilo di
Giove e sul retro la vittoria che incorona un trofeo;
Monete romane imperiali
Augusto
P. Betilienus Bassus:
n. 1 quadrante di bronzo della fine del I secolo d. C., Roma,
con il davanti illeggibile
e sul retro trofeo sc;
Tiberio: n, 1
dupondio di bronzo del 22-23 d. C., Roma, illeggibile;
Tiberio per Divus Augustus: n. 1 asse di bronzo del
22–23/30 d. C., Roma, con sul davanti testa radiale e sul
retro sc
provident;
Claudio
per Nerone Claudio Druso:
n. 1 sesterzio di bronzo del 41-50 d. C., Roma, con sul
davanti il profilo di
Nerone Claudio
Druso e sul retro vittoria che incorona un trofeo;
Domiziano: n. 1 dupondio
di bronzo del 85–96 d. C., Roma,
con sul davanti testa radiale e sul retro fortuna con
timone e
cornucopia;
Flavi: n. 1 asse di bronzo del 69-96 d.C. con davanti testa femminile e sul
retro tipo Divus Augustus Pater sc;
Autorità non
identificata: n. 1 sesterzio di bronzo del I secolo d. C.,
Roma, illeggibile;
21
Talvolta, oltre ai marchi di fabbrica, sui mattoni e gli
embrici, sono presenti segni (alfabetici, ad arco o angolo)
tracciati con i polpastrelli, segni che servivano per
controllare la produzione giornaliera dell’operatore, schiavo o liberto
che fosse. Altre volte sono presenti le impronte di gatti e
cani. In un caso le impronte indicano un inseguimento del un gatto da parte di un cane.
22
La mancanza di un reddito sufficiente ha costretto molti
giovani uomini a cercare fonti di reddito alternativo arruolandosi nell’esercito impegnato in continue guerre.
23
Le difficoltà economiche ed ambientali hanno costretto quello
che rimaneva delle famiglie a trasferii nelle ville o nelle
città e incominciano ad apparire i latifondi anche nel nord
dell’Italia.
24
La prima drammatica invasione nel 168-206 d.C. dei Quadi e dei
Marcomanni e le successive che si succedettero ai tempi di Gallieno (260-268 d.C.) e Aureliano
(270-275 d.C.) causarono la
progressiva decadenza. Nella stessa Altino le testimonianze archeologiche
alla fine del II secolo si diradano e all’inizio del III secolo nei recinti funerari le sepolture si riducono sino
a diventare sporadiche.
25
Si tratta di: una lucerna a canale aperto con presenza di
vetrificazione all’interno di argilla rancio chiaro; di frammenti di piedi piatti, di orli e di pareti di olle e
ollette inceramica di impasto di argilla
grigia, rossiccia o
nocciola con inclusi; frammenti di recipiente in ceramica
depuratata di argilla beige di impasto molto duro.
26
D. Olivieri, Toponomastica
veneta, Venezia-Roma 1961.
27
Cristiani, La consorteria da Crespignaga, pag. 208. E Pigozzo,
pag. 17 e 33. L’enorme foresta si estendeva anche a nord di Trebaseleghe, in parte allagata chiamata “Palude”
che occupava i territori di Sant’Ambrogio, Levada, Torreselle, Silvelle e Zeriolo (BCATV, b. 9, Littere
1355-1356, 35-r.). F. Pigozzo pag. 18 e 33.
28
Nel marzo del 1434 si cita un terreno posto in Burgo de
la Cerva
in loco vocato el Bosco da l’Orcho (ACNO, Volumi reggimento, reg. 3, 172r.
29
Cristiani, La
consorteria da Crespignaga, pag. 194 cit. E Pigozzo,
Briana e Moniego nel Medioevo (1210-1490), pag.18-33. Associazione Noale Nostra, Grafiche
Dipro –
Roncade (Tv), dicembre 2003.
30
Nella divisione dei beni tra i figli di Bonifacio da
Crespignaga nel 1210 sono citati 29 campi in
Ronchis de Valade… Cristiani, La
consorteria da Crespignaga, cit., pag. 207, 210 E Pigozzo,cit.,
pag. 18 e 33
31
D. Olivieri, cit. p. 66. E. Pigozzo, cit. pag. 19 e 33.
32
ASVE, Notai di Noale, b. 2, reg.3, 101v. E. Pigozzo, cit. pag.
22 e 35
33
Entrambe citate nell’atto: ASVE, notai di Noale, b. 2, reg.
3, 101v-102r. E Pigozzo, cit. pag. 23 e 35.
34
ASVE, Notai di Noale, b. 2, reg. 2, 90r-v. ASVE, Notai di
Noale, b. 2, reg. 3, 82r. E Pigozzo, cit. pag. 23 e 35.
35
ASVE, Notai di Noale, b. 2, reg.1, 236r. E Pigozzo, cit. pag.
20 e 34.
36
ASVE, Notai di Noale, b. 3, reg.1455-1468, 22v.
E. Pigozzo, cit. pag. 22 e 35
37
ASVE, Notai di Noale, b. 8, reg. 1471-1475, 321v. E. Pigozzo,
cit. pag. 20 e 34.
38
ASVE, Notai di Noale, b. 8, reg. 1471-1475, 208r. E Pigozzo,
cit. pag. 20 e 34.
39
ASVE, Notai di Noale, b. 2, reg. 1, 236r. E. Pigozzo, cit.
pag. 20 e 34
40
ASVE, Notai di Noale, b. 2, reg. 2, 90r-v. E. Pigozzo, cit.
pag. 23 e 35.
41
ASVE, Notai di Noale, b. 2, reg. 3 54v. E. Pigozzo, cit. pag.
23 e 35
42
ASVE, Notai di Noale, b. 2, reg. 1, 151r. ASVE, Notai di Noale,
b. 2, reg. 3, 54v. ASVE, Notai di Noale, b. 2,
reg. 3, 101-102r. ASVE, Notai di Noale, b. 2, reg. 3, 136v. F.
Pigozzo, cit. pag. 21, 34.
43
ASVE, Notai di Noale, b. 8, reg. 1474-1477, 100r. E Pigozzo,
cit. pag. 21 e 35
44
ASVE, Notai di Noale, b. 1, reg. 1, 224r. ASVE, Notai di Noale,
b. 2, reg. 2, 61r. E Pigozzo, cit. pag. 22 e 35.
45
ASTV, Notarile I, b. 31, Giovanni da Scorzè, 47v. E Pigozzo,
cit. pag. 29 e 36
46 A
. A. Settia, Da villaggio a
città: lo sviluppo dei centri minori nell’Italia del Nord.,
in Città Murate del Veneto, Regione
Veneto.
47
La rocca e le porte e le torri del castello, dall’esame
archeolologico sull’elevato appaiono edificati fra il XII e
il XIII secolo e nei recenti scavi archeologici effettuati dalla
Soprintendenza Archeologica del Veneto all’interno della rocca non sono emersi elementi e materiali di reimpiego
tali da accreditare l’ipotesi di una costruzione
preesistente.(A.Fattori, Noale
dei Tempesta - Noale,
città murata dei Tempesta, Rotary Club dei Tempesta Noale,
Arti Grafiche Molin, 1998).
48
Riguardo ai termini Palacium
castri e castrum
va precisato che il loro significato è mutato nei secoli. Il palacium
castri nel XIII secolo era il palazzo militare e
residenziale e il castrum
che nel X-XII secolo era il villaggio fortificato è passato al valore prevalente di dimora
signorile fortificata nel corso del XII e XIII, sino ad
affermarsi definitivamente nel XIV secolo. A.A. Settia, Castelli
e villaggi nell’Italia Padana – Popolamento, potere e sicurezza fra il IX e XIII
secolo, pag. 468. Liguori Editore, 1984.
49
I villaggi presenti nel medioevo nei pressi di Noale erano:
Briana menzionata per la prima volta nel 1168
(Cristiani, La consorteria di Crespignaga, pag. 194); Moniego documentato a
partire dal 1234 (Rolandino di Balaiardo,
Vita e morte di
Ezzelino da Romano (cronaca), pag. 138-139); Cappelletta
citata per la prima volta in una
bolla del 1185 di papa Lucio III; Villanova presente nel 1210
(F. Pigozzo, Briana e
Moniego nel Medioevo (1210 – 1490), pag. 27) nel 1258 fu
distrutta dai mercenari di Ezzelino da Romano ed è scomparsa
dai documenti
(Rolandino di Balaiardo,
Vita e
morte di Ezzelino da Romano (cronaca), p.252-253);
Valli documentata all’inizio del
Duecento (F. Pigozzo,
Briana e Moniego nel Medioevo (1210 - 1490), pag. 21);
Bucchignana citata nel 1201 e successivamente scomparsa. (F.
Pigozzo, Briana e
Moniego nel Medioevo
(1210 - 1490), pag. 17
50
Daniela Rando in Storia
di Treviso, il Medioevo, dall’età del particolarismo al
Comune a pag.
47 a
cura di E. Brunetta, vol. II, Marsilio Editori, 1991.
51
Secondo G. Biscaro, essendo Bertaldo Malsperone da Carbonara
privo di eredi, Guido
Tempesta raccolse la successione nell’avogaria e nel feudo.
L’atto di successione fu redatto a Noale nel 1119. (G.
Biscaro Le
temporalità del vescovo
di Treviso dal secolo IX al XIII, in Archivio
veneto, s. v. LXVI (1936).
52 G
.M. Varanini., Istituzioni
e Società a Treviso tra Comune, signorie e poteri regionali
(1259-1339), pag. 161-
162, in
Storia di Treviso, a cura
di E Brunetta, vol. II.
53
S. Bortolami, Tra
“alte domus” e “populares homines”: il comune di
Padova e il suo sviluppo prima di Ezzelino, in Storia e cultura a Padova
nell’età di sant’Antonio. Convegno internazionale di
studi, 1-4 ottobre 1981 – Padova Monselice, Padova 1985, p.9 nota 22.
54 F
.
Pigozzo, Briana e Moniego nel Medioevo (1210-1490), pag.17-18.
Associazione Noale Nostra, Grafiche Dipro
– Roncade
(Tv), dicembre 2003.
55
Nel 1272 era presente nel borgo una loggia pubblica sotto la
quale venivano stipulati gli atti dei notai “actum anuali et panillous communis”. Atto
notarile privato di vendita del. 20 febbraio 1272.
Collezione privata Rigo.
56
Laudato M., La
motta di Castelminio: incastellamento in terra e legno nella
castellana medievale, in Castelfranco Veneto nel quadro delle nuove fondazioni medievali, pag. 271, nota12.
57
Biscaro, Le temporalità
del vescovo di Treviso dal secolo IX al XIII, “Archivio
Veneto”, s.V, 66 (1936), p. 22
.
58
Gualperto e i fratelli vendono un maso e un mulino al
monastero di San Secondo di Venezia. Guido Tempesta consente la vendita. Nel documento Noale è indicata
come loco, cioè
come un piccolo centro con scarso sviluppo abitativo
e commerciale. ASTV, Raccolta
delle pergamene, n. 6992.
59
Nel
1181 in
una delle tregue imposte dalla Lega Lombarda nel contrasto fra
Padova e Treviso, a Guglielmino Tempesta, fu riconosciuta la giurisdizione sul castello e sul
distretto di Noale “pro comune tarvisii”, una formula che fa pensare a una sorta di protettorato del comune di
Treviso che lasciava intatti i poteri signorili dei Tempesta su Noale. (D. Rando, Dall’età
dl particolarismo al Comune (secoli XI-Metà XIII), in Storia
di Treviso, II Il Medioevo, pag. 69, Marsilio Editori 1991).
60.
Nel 1245 Ezzelino da Romano attaccò con gran violenza Noale e
dopo aver distrutto la fortezza “Palacium
Castri "costrinse Nicola Tempesta a restituire Mestre e
Noale (Rolandino di Balaiardo,
Vita e morte di
Ezzelino da Romano (cronaca), pag. 252-
253, a
cura di Flavio Cortese.Fondazione Lorenzo Valla – Arnaldo
Mondatori Editore, maggio 2004).
61. F. Pigozzo, La
capitaneria di Noale daI Tempesta a San marco 1337-1405,
Zerotina s.n.c. -Zero Branco
(Tv) 1998).
62. Dopo le signorie di Ezzelino da Romano e dei da Camino, la
famiglia dei tempesta assunse il controllo della città di Treviso nel 1326-28 con Guecello, spalleggiato dal
re di Boemia. Guecello divenuto il maggior esponente del partito che
caldeggiava l'alleanza con gli scaligeri di Verona, ottenuta
l'annessione di Treviso a Verona, ebbe in cambio dagli scaligeri la concessione di una
signoria. Lo attestano due diplomi della cancelleria scaligera
del 1329 e 1330 (ASP, Pergamene, Giustinian, n. 5177/14 -
ASP Pergamene, Giuistinian,
n. 5178/15).
L'importante curia signorile era assimilata nei diplomi
scaligeri alla signoria dei Collalto, quindi, il centro si qualificava come un’isola giurisdizionale rispetto
al distretto trevisano. La signoria aveva come caluogo Noale e comprendeva i villaggi di Briana, Buchignana,
Bordugo, Cappelletta, Fosse di Scorzè, Guizza
di Scorzè, Levada di Scorzè, Maerne, Malcanton, Moniego,
Obbia, Robegano, Ronchi, Roviego di sopra, Roviego di sotto,
Salzano, Scorzè, Tegliarolo, Toscanigo, Trebaseleghe, Valli e
Zuccareda. (Roncato Raffaele, Il castello e il distretto di Noale nel Trecento. Istituzioni
e società durante la signoria di Guecello tempesta, Deputazione
di storia patria per le venezie, Miscellanea di studi e memorie
XXXV, 2002).
63.
Nel 1337 Guecello Tempesta accortosi che le sorti della guerra
tra la signoria degli Scaligeri di Verona (alleata ai
Tempesta) e un gruppo di stati dell’Italia centrale alleati
ai Visconti di Milano, agli Estensi di Ferrara, ai Gonzaga di Mantova e a Venezia volgevano al peggio per gli
Scaligeri passò alla Repubblica Serenissima ottenendo in cambio il comando dell’esercito veneziano dal
Brenta al Piave e la conferma di tutti i suoi diritti e
sue giurisdizioni. Nel 1339 conclusosi il conflitto con la
sconfitta degli scaligeri, morto il grande Guecello, Venezia non attese molto a ridimensionare il potere e a
smantellare la signoria rurale dei Tempesta. Alla fine del 1339, a
seguito di un processo, non trattandosi di diritti consolidati
e quindi privi di basi giuridiche,
la Serenissima
privò i Tempesta di tutto il loro potere territoriale e della
concessione del dazio sul pane e sul vino
del porto di Mestre. (F. Pigozzo,
La capitaneria di
Noale dai Tempesta a San Marco 1337-1405, Zerotina
snc-Zero
Branco (TV), 1998).
64. A. Fattori, Noale dei
Tempesta - Noale,
città murata dei Tempesta, Rotary Club dei Tempesta Noale,
Arti Grafiche
Molin,
1998. A
. Fattori, cdrom Novalis Antiqua – Associazione Cultura Avventura Noale 1998.
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